la miseria
  della
  dottrina
  divina
 

Oltrepassando Dio


        
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l'ardire di
giudicare
dio

Caro Dio,
ti chiamo a rispondere sulle contraddizioni della tua dottrina emanata dalla tua stessa Parola.
Non potrai avvalerti dei vecchi sotterfugi incolpando di ateismo o paganesimo chi critica Iddio, anche perché ateo non sono né professo altre confessioni.

Egregio Dio,
so già che tacerai nascondenti dietro la morte. Sappi, però, che la ragione è in grado di giudicarti su ciò che hai asserito, sino a sfatare quei misteri di fede un tempo imperscrutabili.
 
Il decalogo è concepito sulla proibizione
I 25 dinieghi del primo Decalogo

Otto comandamenti su dieci si fondano sulla proibizione e dove non c'è il divieto hai sostituito l'intimazione. Onora il padre e la madre è cosa ben diversa dall'amare i genitori.

Dovresti sapere che quando la relazione tra genitori e figli si muove nella consonanza pedagogica fiorisce spontaneo il volersi bene e svanisce l'imperativo onora.
Ma tanta è l'asprezza delle tue Leggi che hai incluso persino il risvolto crudele: chi maledice il padre e la madre sia messo a morte.

In realtà, non hai compreso che la maleducazione dei figli è il frutto di quella dei genitori, in un continuo reiterarsi dei comportamenti.


Ignori totalmente la pedagogia. Ma è proprio nella fanciullezza che si plasma l'impronta del futuro individuo ed è lì che vanno concepite le regole fondamentali e formative. Non conoscendole, hai prescritto solo condanne a fini punitivi, senza mai andare alla radice.

Il tempo ha inficiato la Tavola delle tue Leggi. La Dichiarazione universale dei diritti umani è più avanzata del Decalogo perché spalanca ai diritti. E perfino la Carta sui diritti degli animali è più evoluta della tua concezione culturale.

Ciò nondimeno, qualche tuo precetto ha prodotto dei benefici. La festività della domenica, ad esempio, è stata la prima legge sindacale della storia, ricorrendo al riposo consacrato alle fatiche del Signore. Pur sapendo che avresti dovuto compiere la tua opera senza fatica alcuna.

La beatitudine della povertà
Beati i poveri, recita il Vangelo.
Prova a dire a un mendicante: Beato te che sei povero! Io l'ho fatto. E mentre aggiungevo ...sono parole di Dio... nel prendere le mie monetine borbottò maledizioni a bassa voce.



Tuo figlio, Gesù, non riuscì a concepire la ricchezza come valore positivo.
Talmente era intriso dall'idea di povertà che ha finito per travisare le prerogative del'umiltà. Il povero di spirito non è in grado di esprimere una sublime e candida umiltà, bensì occorre essere ricco di spirito. L'esatto contrario di ciò che ha detto.

Diciamolo a chiare lettere, l'umiltà del povero è un espediente per suscitare la pietà altrui. È una parvenza dettata dallo stato di necessità che ha bisogno di apparire amorevole per poter ricevere.
Perché, allora, il tuo Trino ha sempre esaltato lo stato di povertà?
Era necessario ricompensare le folle che lo seguivano, composte soprattutto di "zoppi, storpi, ciechi, sordi" nella speranza di un miracolo da ottenere.
E così essi sono stati ripagati con la gratifica dei beati. Anche se poi nessuno dei "venerandi poveri" ha mosso un dito contro la condanna a morte di tuo figlio.

L'amore cristiano è afflitto e malinconico
Cristo ha tratto la "teoria del perdono" dalla logica comportamentale delle donne. Quell'invito apparentemente rivoluzionario a porgere l'altra guancia è stato copiato dalla pratica quotidiana delle mogli.
"Tu stai zitta!", ed esse si piegavano in un remissivo silenzio. Tuttavia, sono state proprio le donne, assecondando con santa pazienza i mariti arroganti, a dimostrare che il maschio arrogante non si trasforma in un soggetto autenticamente amoroso.
Due donne e due concezioni etiche   
Quel gesto di compassione misericordiosa, pur acquietando i contrasti, li congela e non li muta. Non a caso, passato il tempo dell'armistizio rispuntano le stesse antinomie di prima.
In realtà, la logica del perpetuo perdono è reclamata da chi sbaglia sempre per poter continuare a sbagliare. Di fatto, c'era la convenienza del maschio e la sconvenienza della donna.

L'amore cristiano non è legato alla logica della felicità ma alla conciliazione delle ostilità e perciò non riesce a emanare profumi di gioia.
C'è una continua rincorsa alla sopportazione della sofferenza, come l'amore della Santissima Addolorata che ha sempre bisogno di pene e di espiazioni per santificarsi. Se vivesse nella contentezza entrerebbe
subito in crisi. Quello che scorgo è un vero e proprio vuoto spirituale nel concepire la cultura della felicità. L'amore cristiano è vittima della cultura della Croce, intesa come intrinseca sofferenza perpetua. Sembra strano, ma ciò che manca nella proposta del dottor Cristo è l'inebriante piacere del desiderio e del romantico senso di benessere: una delizia pressoché inconcepibile nella tragedia dell'amore cristiano.
  «Dio è amore» è un'eresia teologica


La morale cattolica per avvicinare Dio agli uomini ha unificato il finito con l'infinito unendo il più nobile dei valori umani - l'amore - con le proprietà  del Metafisico. E così sei diventato «Dio è amore».

Se è vero che l'Assoluto trascende ogni prerogativa umana e ogni proprietà relativa è altrettanto vero che l'attributo "amore", per quanto avvincente che sia, ti ha empirizzato.

Già so cosa vuoi dirmi: Dio è amore deriva da una manipolazione biblica all'inizio del 1900. In tutti i manoscritti Dio è carità. Ciò nonostante, anche la carità è un appellativo empirico; anzi è ancora più antropico.

Ma tralasciando le sviste sugli attributi divini, a quale domanda rispondeva l'immagine di Dio è amore?

Innanzitutto, per avere una divinità dialogante sulle frequenze mistiche dell'intimo linguaggio. E poi, grazie all'amore, essere sicuri di ricevere l'ambita protezione che garantisce la quiete interiore.
Con l'austero Dio degli eserciti il dialogo e l'intima protezione era quasi impossibile. Negli ultimi secolo è cambiata la domanda religiosa ed è stata cambiata anche la tua natura. Prima gli Ebrei volevano un condottiero mentre adesso i tuoi fedeli vogliono da te una fune di sostegno a cui aggrapparsi. La certezza che arrivi la tua protezione deriva dall'essere diventato emanazione di amore.
È inutile prendersela con i manipolatori biblici. Il contenuto divino è quasi irrilevante rispetto alla nostra domanda di un Dio che ubbidisca ai nostri interessi. Può sembrare strano, ma sei tu ad essere succube della domanda religiosa e non viceversa.

La cosmologia di Dio non concorda con la scienza


Non voglio parlare delle inesattezze scientifiche di cui è piena la tua Parola. Voglio credere, per un attimo, che tu sia davvero il Creatore.

Perché, allora, hai inventato quella storia creazionista che non sta né in cielo e né in terra? C'era, forse, un disegno sottostante?

In verità, se tu avessi descritto la formazione del cosmo con l'evoluzione, pur avocando a te il punto di partenza, avresti perduto il titolo di "creatore di tutto l'universo" e avresti ottenuto solo qualche osanna e un po' di venerazione. Invece, avevi un assoluto bisogno di quella simulata Genesi per accreditarti come il costruttore di tutto il compiuto, così da ottenere la massima adorazione.
Qui sta il retroscena della bugia creazionista: l'uso politico della scienza, prima ancora dell'inesattezza scientifica.

Zoom


Lo stesso discorso riguarda la posizione di Gerusalemme. Doveva essere al centro della terra per essere l'epicentro teologico e assegnare al tuo popolo d'Israele un ruolo centrale e sacrale.
In realtà eri tu che cercavi una stirpe che ti potesse adorare, non già quel popolo inizialmente politeista. A quelle genti occorreva dargli una posizione privilegiata, per poi raccoglierne la dovuta devozione. Anche in questo caso hai costruito un'altra bugia ad uso strumentale.

Tuttavia hai commesso un errore imperdonabile, su ciò che riguarda te stesso. Hai dichiarato che aleggiavi sulle acque anche quando vivevi solo soletto, prima della creazione dell'universo [Gn 1,2]. Ma gli atomi e le molecole dell'acqua non esistevano prima del Big Bang. Come puoi avere detto una tale fandonia? Come posso fidarmi di un idraulico che non sa cos'è la chiave d'arresto? E come posso dar credito a un Creatore che non conosce neppure quando è nata l'acqua?
Egregio Dio, ci sei o ci fai?
Vorrei tanto credere al secondo dubbio, ma il primo è quello veritiero!

L'anima è un finito che diventa infinito

  

L'anima è paragonabile a una semiretta: ha origine da un punto finito per poi divenire infinita. Nasce con la fecondazione per poi diventare eterna. Ebbene, se da un punto dello spaziotempo può sorgere un eterno futuro, anche il concetto di Assoluto entra in crisi.

Si aprirebbe un dualismo concorrenziale tra l'eternità di Dio, perenne nel passato e nel futuro, e l'eternità dell'anima, perenne dopo il concepimento.
   

Ma l'anomalia non finisce qui. L'anima pur sorgendo libera, con l'unione sponsale diventa vincolata. L'indissolubilità del matrimonio rende legati anche chi si è disunito per giusta causa. Una sciagura evitata in terra ritorna per sempre in cielo.

Nella Scrittura, l'affresco dell'anima è a malapena abbozzato, tant'è vero che neppure tu sapevi cosa fosse. L'anima, benché eterna, nondimeno muore. E in questo pasticcio divino, anche tu possiedi un'anima. E così tuo figlio. L'anima ha preso il sopravvento anche sul mondo dell'Assoluto.
 

Il peccato originale è stato un atto lodevole

Il frutto dell'albero della conoscenza
   

Il rifiuto al tuo divieto è nato dal desiderio di conoscenza: un atto di disubbidienza eroico e rivoluzionario, "desiderabile per acquistare saggezza" [Gn 3,6].
Osanna alla curiosità di Eva perché altrimenti saremmo rimasti ancora degli ottusi, ignorando perfino che
esisteva il sesso.

Eri tu che temevi il nostro sapere e "la conoscenza del bene e del male". La scalata alle grandi spiegazioni conduce a scoprire i segreti della natura. E dalla "natura creata" ai "misteri del Creatore" il passo è breve.
E nello stesso tempo possiamo giudicare la tua simulata qualità morale. Per la paura che è in te, hai trasferito il peccato della disubbidienza sull'intera umanità, rendendolo inespiabile.
Un'ipoteca incancellabile per ricattarci alla sottomissione. Ma se accettassimo il tuo principio sulla colpa discendente, e quindi anche ascendente, questa colpa si rovescerebbe sull'artefice delle due prime creature umane: ossia sul Creatore. Senza rendertene conto, ti sei auto-incolpato.
  Addio mio vecchio Dio, addio romanzo profano.
In effetti, tu non hai ingannato nessuno. Nella sala della regia non sei mai entrato: eri una marionetta concepita e manovrata dalla penna dei pensatori del Soprannaturale. Il tuo emblema è stato utilizzato come uccello messaggero da quei geniali romanziere della metafora.

Mio povero Dio
tutto questo non lo capirai mai, convinto com'eri di aver fatto qualcosa di grande, anzi grandioso.
Sia pietà per l'eroe che il vento della storia sta portando via.

Oltre Dio
All'orizzonte già si muovono scenari inediti. La vita in altri pianeti, prima ancora di un tangibile contatto, sta aprendo nuove riflessioni che il recinto religioso impediva a farsi.
Caro Dio, siamo già nell'aldilà di Te.
 
         Da quella babelica terra chiamata Napoli

       Autore, Alfredo Alì
        autore@utopia.it


              
         Lettera inviata a Dio             
  

     La Risurrezione incompiuta 
 
    700 contraddizioni bibliche 
 
   Perché Dio non ha creato l'universo 
 
   Preludio all'Utopia 
    Cronologia delle religioni 

   
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