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TRIBUNALE CIVILE DI
ROMA
Sez. XIII - R.G. 50723/2006 -
Giudice: Ferrara - ult. ud.: 19.11.2007
Memoria conclusiva
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Vivere
IN
Comparsa
conclusionale
art. 190 cpc
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Per: VIVERE IN s.r.l., rappresentata e difesa
dagli Avv. Eugenio Scagliusi e Pietro Paternò Raddusa,
Contro: EDITING & PRINTING, con gli Avv.
Domenico Cirillo, Ernesto Maria Cirillo e Francesco
Cirillo. |
La Editing
& Printing ha citato dinanzi al Tribunale di Roma la
Conferenza Episcopale Italiana, nonché, oltre il
Ministero dell'Istruzione, i 26 coeditori italiani che
partecipano alla pubblicazione del libro della Sacra
Bibbia, versione ufficiale della C.E.I., lamentando come
il testo di tale pubblicazione sarebbe stato da un canto
manipolato rispetto all'originale (ma in verità, meglio
sarebbe precisare "ai presunti originali"),
d'altro canto, e nonostante le manipolazioni,
conterrebbe comunque ulteriori brani ("…almeno
cento…") che sarebbero in contrasto con la
Costituzione Italiana, tanto da precluderne la
adattabilità a testo scolastico. Per tal ragione,
l'attore ha dedotto preliminarmente la illegittimità
del D.P.R. 14.10.2004, n. 305, art. 1, allegato unico,
nella parte in cui decreterebbe "Il libro della
Bibbia" come testo di adozione della scuola
secondaria di primo grado, nonché del D.P.R.
16.01.2006, n. 39, art. 1, I allegato, nella parte in
cui decreta "La Bibbia" come testo di adozione
del secondo ciclo scolastico, atteso che - come per
l'appunto assume - il testo "La Bibbia"
conterrebbe brani in contrasto con la Costituzione.
Quindi, previo accertamento della responsabilità
solidale dei 27 convenuti, coeditori della Bibbia,
"…nella manipolazione e nella non conforme
traduzione di alcuni brani della Bibbia CEI rispetto
alle precedenti Bibbie ufficiali…", condannarli
al risarcimento del presunto danno subito da esso
attore, relativo all'aver dovuto bloccare il proprio
piano editoriale.
Costituitasi in giudizio, la esponente ha eccepito
preliminarmente il proprio difetto di legittimazione
passiva, nonché il difetto di giurisdizione e/o
incompetenza dell'adito Giudice Ordinario in favore del
Giudice Amministrativo.
La eccezione di difetto di giurisdizione è stata
proposta, altresì, da parte degli altri convenuti
costituitisi in giudizio.
Quindi, il Giudicante, dopo aver rigettato le richieste
cautelari proposte dall'attore, pur avendo concesso i
termini previsti dall'art. 183, 6° c., c.p.c., ha
ritenuto di invitare le parti a precisare le conclusioni
sulla eccezione di difetto di giurisdizione, così
riservando la decisione su tale questione preliminare.
Con la presente "memoria conclusiva",
pertanto, la esponente, riportandosi comunque a tutto
quanto già esposto, dedotto, eccepito e richiesto con
tutti i precedenti scritti difensivi (ed in particolare
con la "comparsa di costituzione e risposta"
dell'11.01.2007 nonché con la "memoria in replica
ex art. 183, 6° c., n. 2, c.p.c." del 19.10.2007),
insiste per l'accoglimento delle proprie eccezioni
preliminari, qui reiterandole ed esponendole nuovamente. |
Difetto
di legittimazione passiva.
L'attore ha individuato (par. 29 dell'atto di
citazione), quali responsabili delle presunte
manipolazioni e dei principi incostituzionali presenti
nel testo biblico, la C.E.I. nonché l'editore ed i
coeditori italiani "…che partecipano alla
pubblicazione della Bibbia C.E.I. (all. 14 - Ed. ottobre
2005)…", tra i quali vi si sarebbe anche la
esponente.
Contrariamente a quanto si assume, però, la VIVERE IN
s.r.l. non ha partecipato alla co-edizione della Bibbia
CEI-UELCI 2005, non avendo mai trasmesso la necessaria
conferma d'ordine, avendo limitato il rapporto
contrattuale solo a precedenti co-edizioni. Né l'attore
(ma neanche gli altri convenuti) hanno dimostrato
l'esistenza del rapporto contrattuale relativo alla
"Edizione ottobre 2005" tra la VIVERE IN
s.r.l. e la CEI-UELCI; ma non poteva essere
diversamente, poiché l'ultima co-edizione cui la VIVERE
IN s.r.l. ha partecipato è la "XVI Edizione anno
2003".
Deve ritenersi, pertanto, che se mai la copia della
Bibbia prodotta dall'attore, nella quale la esponente
viene inserita tra i co-editori, sia effettivamente la
"Edizione ottobre 2005", l'avvenuto
inserimento della VIVERE IN s.r.l. costituisca un (pur
scusabile, ma mero) errore tipografico.
Infatti, alcun obbligo ha assunto (quali l'acquisto
minimo di un numero di copie) la esponente in relazione
alla Edizione ottobre 2005 della Bibbia. |
Difetto
di giurisdizione e/o incompetenza del Giudice adito.
Soprattutto, giova insistere e reiterare la
eccezione pregiudiziale di difetto di giurisdizione del
Giudice Ordinario in favore del Giudice Amministrativo.
Orbene, come si evince chiaramente dalla lettura dei
paragrafi nn. 11), 13), 20) e 25) dell'atto di
citazione, l'attore intende censurare non già la
illegittimità del testo (o della pubblicazione) della
Bibbia - C.E.I., bensì la adozione di esso nelle scuole
italiane, secondo quanto previsto dal D.P.R. 14.10.2004,
n. 305, art. 1, e dal D.P.R. 16.01.2006, n. 39, art. 1.
Si intende, cioè, contestare gli obiettivi specifici di
apprendimento propri dell'insegnamento della religione
cattolica nell'ambito delle indicazioni nazionali per i
piani di studio personalizzati nelle scuole (art. 1 ed
all. 1 del D.P.R. 305/2004), riservati, in attuazione
all'Accordo di revisione tra Santa Sede e Repubblica
Italiana del 18.02.1984 (vedi preambolo dei D.P.R.) alle
"intese" tra la Conferenza Episcopale Italiana
ed il Ministero della Pubblica Istruzione.
Sta di fatto, però, che le "intese", come
formalizzate in quegli specifici obiettivi di
apprendimento, costituiscono attività della Pubblica
Amministrazione nell'esercizio di un pubblico servizio,
come tale sottratta alla giurisdizione del giudice
ordinario in favore, invece, di quella esclusiva del
giudice amministrativo, giusto art. 33, D.Lgs.
31.03.1998, n. 80.
L'obiettivo dell'azione introdotta dall'attore, come
peraltro confermato anche negli scritti successivi, è
quello di ottenere l'eliminazione del testo della Bibbia
quale testo scolastico. Poiché tale dignità è fornita
alla Bibbia dagli obiettivi specifici di apprendimento
propri dell'insegnamento della religione cattolica (come
previsti dai piani di studio approvati su proposta del
Ministero della Pubblica Istruzione, previa intesa con
la C.E.I.), come specificati nelle norme regolamentari
specificate (D.P.R. 14.10.2004, n. 305, art. 1, e dal
D.P.R. 16.01.2006, n. 39, art. 1), l'azione processuale
è destinata a rimuovere gli effetti di una attività
della Pubblica Amministrazione. In contrario, l'azione
non avrebbe senso o comunque non potrebbe ottenere
l'effetto di eliminare la Bibbia quale testo scolastico.
Non a caso, la P.A., attraverso il Ministero della
Pubblica Istruzione, è citata in causa e costituisce
parte necessaria del processo. Ma la rimozione degli
effetti dell'attività amministrativa non rientra nella
giurisdizione del giudice adito, che - al limite -
potrebbe disapplicare l'atto amministrativo di specie,
senza con ciò, però, poter favorire in alcun modo
l'avversa pretesa.
Giova, a tal proposito, contestare energicamente la
lettura, assolutamente parziale, che l'attore propone
della sentenza della Cassazione, Sezioni Unite, n. 13659
del 13.06.2006.
Invero, la controparte si affanna a tentare di
"tener distinte" la domanda risarcitoria (per
essere stata costretta a bloccare il suo piano
editoriale), dalla domanda contro il Ministero della
Pubblica Istruzione per aver omesso il controllo del
testo (scolastico) nell'ambito della sua attività
provvedimentale, come formalizzatasi con le norme
regolamentari di specie. Ed invece, pur nella
(probabilmente voluta) confusione della citazione sulla
specifica questione, non può esservi dubbio che la
pretesa attorea sia, in realtà, unica: la eliminazione
della pubblicazione e la diffusione del testo della
Bibbia quale testo scolastico, solo con differenti
responsabilità da parte dei diversi soggetti a vario
titolo citati in giudizio (CEI e co-editori per aver
prodotto il testo; Ministero per non averlo controllato
prima di averne consentito la dignità di testo
scolastico).
Così, poiché la nostra personale interpretazione della
sentenza della Cassazione citata potrebbe essere errata,
preferiamo riportare testualmente i brani rilevanti per
la fattispecie in causa, confidando nella corretta
interpretazione ed applicazione che sicuramente saprà
fare il Giudicante: " …Nel sistema normativo
conseguente alla legge 21 luglio 2000, n. 205, la tutela
giurisdizionale risarcitoria contro l'agire illegittimo
della P.A. spetta al giudice ordinario solo in casi
marginali, quante volte il diritto del privato non
sopporti compressione per effetto di un potere
esercitato in modo illegittimo o, se lo sopporti, quante
volte l'azione della P.A. non trovi rispondenza in un
precedente esercizio del potere, che sia riconoscibile
come tale, perché a sua volta deliberato nei modi ed in
presenza dei requisiti richiesti per valere come atto o
provvedimento e non come mera via di fatto. Pertanto,
l'amministrazione deve essere convenuta davanti al
giudice ordinario in tutte le ipotesi in cui l'azione
risarcitoria costituisca reazione alla lesione di
diritti incomprimibili (come la salute o l'integrità
personale); deve, ancora, essere convenuta davanti
giudice ordinario, quante volte la lesione del
patrimonio del privato sia l'effetto indiretto di un
esercizio illegittimo o mancato di poteri, ordinati a
tutela del privato (versandosi, in tal caso, nell'ambito
delle controversie meramente risarcitorie). In
particolare, nel settore delle occupazioni illegittime,
sono ascrivibili alla giurisdizione ordinaria le forme
di occupazione "usurpativa" (giacché la
trasformazione irreversibile del fondo si produce in una
situazione in cui una dichiarazione di pubblica utilità
manca affatto), e così pure i casi in cui il decreto di
espropriazione è pur stato emesso, e però in relazione
ad un bene, la cui destinazione ad opera di pubblica
utilità la si debba dire mai avvenuta giuridicamente od
ormai venuta meno, per mancanza iniziale o per
sopravvenuta scadenza del suo termine di efficacia.
Dove, per contro, la situazione soggettiva si presenta
come interesse legittimo, la tutela risarcitoria va
chiesta al giudice amministrativo; alla giurisdizione di
quest'ultimo sono riconducibili anche i casi in cui la
lesione di una situazione soggettiva dell'interessato è
postulata come conseguenza di un comportamento inerte
(si tratti di ritardo nell'emissione di un provvedimento
risultato favorevole o di silenzio), giacché ciò che
in tali casi viene in rilievo è bensì un
comportamento, ma risolventesi nella violazione di una
norma che regola il procedimento ordinato all'esercizio
del potere e perciò nella lesione di una situazione di
interesse legittimo pretensivo, non di diritto
soggettivo…". Per tali ragioni, si precisa che
"…appartiene alla giurisdizione del giudice
amministrativo la questione relativa al risarcimento dei
danni conseguenti all'illegittimo esercizio del potere
amministrativo. La domanda deve essere formulata al
giudice amministrativo sia nel caso in cui si chieda
contestualmente l'annullamento del provvedimento
illegittimo, sia nel caso in cui si formuli unicamente
una richiesta di tutela risarcitoria. Tale ultima
ipotesi deve essere ammessa, inoltre, anche in mancanza
del preventivo annullamento dell'atto
illegittimo…". Ed ancora, "…La
giurisdizione del giudice amministrativo sussiste in
presenza di un concreto esercizio del potere che sia
riconoscibile in base al procedimento svolto ed alle
forme adottate in consonanza con le norme che lo
regolano e purché l'atto sia capace di esplicare i
propri effetti laddove il potere non incontri ostacolo
in diritti incomprimibili della persona. La tutela
risarcitoria deve essere chiesta al giudice
amministrativo, insieme o successivamente
all'annullamento dell'atto ed anche in mancanza della
tutela demolitoria, senza che la parte debba osservare
il termine di decadenza pertinente all'azione di
annullamento…".
Sicché, quand'anche due e distinte fossero le domande
proposte con l'atto introduttivo del presunto giudizio
(ma così non è), sussisterebbe comunque ed in ogni
caso la giurisdizione amministrativa a conoscere le
relative domande. |
Orbene, non
sembra doversi aggiungere altro, quantomeno allo stato.
E, pertanto, riservata alla eventuale successiva
"memoria conclusiva in replica" la
possibilità di ulteriormente dedurre e specificare, si
conclude e si |
Preliminarmente,
dichiararsi la mancanza di legittimazione passiva della
convenuta VIVERE IN s.r.l.; in via meramente
subordinata, pur sempre in via preliminare, dichiararsi
il difetto di giurisdizione del Giudice adito in favore
della giurisdizione del giudice amministrativo;
Bari - Roma, 17 Gennaio 2008
Avv. Eugenio Scagliusi
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