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Le censure e le trasfigurazioni dell’esegesi 

                                       IL VITELLO D'ORO CHE HA SOSTITUITO DIO

 
  Perché gli Ebrei acclamarono il vitello come una divinità?      
  E perché dissero che il vitello era il dio che li aveva fatti uscire dall'Egitto?  [Es 32,4]
 


Vitello d'oro

Esodo dall'Egitto

Per comprendere la ragione del dio-vitello è necessario raffigurarci l’esodo.

Una colonna interminabile
di migliaia e migliaia di persone
con centinaia di carri con dentro suppellettili,
approvvigionamenti, bestiame,
ma anche anziani, donne e bambini...
Insomma, il trasloco di un intero popolo.
 
Il punto cruciale fu sul Mar Rosso: l'attraversamento notturno
nel momento di
bassa marea in un ramo paludoso a settentrione del Mare delle Canne, da compiersi in poche ore. Un tragitto su un terreno melmoso per più di 4 chilometri.

Passaggio sul  Mar Rosso

     L'IMPORTANZA DEI BUOI

I buoi, essendo animali da soma e più potenti degli asini, rimorchiarono i carri pesanti da una sponda all'altra.
Ogni carro era trainato da una coppia di buoi
[Nm 7,3-8].
I vecchi, i malati, le donne e i bimbi viaggiavano a bordo dei carri
[Gn 46,5].
Senza i buoi, i viveri, le masserizie e metà della tribù ebraica non sarebbe passata dall'altra sponda e gli Ebrei si sarebbero sfaldati ed estinti. La forza motrice dei buoi consentì il prodigio della traversata integrale, unitamente al secondo "prodigio" della bassa marea.

I carri buoi nell'Esodo

Il bue, ma più precisamente «il toro» [I Comandamenti, G. Ravasi, Ed. San Paolo, 2002] fu venerato come il Salvatore degli Ebrei perché fu il motore trainante che eseguì il trasbordo di un intero popolo, altrimenti impossibile a farsi.

È questo il motivo per cui nella Bibbia c'è scritto «Ecco il tuo Dio, o Israele, colui che ti ha fatto uscire dal paese d'Egitto!» riferendosi alla forza del toro e in particolare del "giovane toro". Quelli anziani non sopportarono il lungo e faticoso viaggio.
La frase è ripetuta una seconda volta per sottolinearne l'importanza
[Es 32,4-8]


I festeggiamenti del vitello d'oro

A questo punto occorre leggere con attenzione la richiesta che
gli Ebrei fecero al sacerdote Aronne prima di costruire l'idolo:
«Facci un dio che cammini alla nostra testa»
[Es 32,1].

Gli Ebrei, dopo un lungo soggiorno in Egitto, avevano perso ogni
capacità guerresca. Usciti dall'Egitto, erano alla ricerca di un
guerriero divino che li guidasse alla conquista della terra stanziale.
Il toro fu il "locomotore" dell'Esodo e aveva tutte le carte in regola per essere una divinità potente avendolo dimostrato concretamente sul campo. Inoltre, c'era già una lunga tradizione
religiosa (zoolatria), consolidata presso altri popoli, che veneravano il toro. E così che il toro ebbe il passaporto religioso.

Mosè spezzò le Tavole
IL FALLIMENTO DEL PRIMO DECALOGO
 
Il primo Decalogo non appagava la domanda degli Ebrei. Era troppo legislativo
e si era fermato all’uscita dall'Egitto: «Io ti ho fatto uscire dall'Egitto» [Es 20,2].
Ma dopo la traversata del Mar Rosso l'Egitto era già alle spalle: adesso occorreva combattere per impossessarsi della terra.
Per di più, il primo Decalogo non accenna neppure alla "terra promessa".
E così fu bocciato dagli Ebrei.
Mosè spezzò le Tavole perché furono rifiutate dagli ebrei e successivamente
scrisse un secondo Decalogo completamente diverso dal precedente e più conforme alle domande degli Ebrei.

           LA GUERRA DI RELIGIONE PER IL VITELLO D'ORO

A venerare il vitello d’oro c'era Aronne (portavoce di Mosè e sommo sacerdote del popolo ebraico),
mentre a venerare il Dio di Mosè c'erano i Leviti. Fu il primo scisma biblico.

La divina gelosia scatenò l'ira di Jahvè, parzialmente placata da Mosè. Il profeta, dopo aver frantumato
la scultura d'oro, fece bere agli artefici del toro la polvere dorata mescolata nell’acqua.
Ma tutto questo non bastò. L'adorazione del vitello d’oro era più viva che mai.

Si giunse a una guerra di religione tra gli stessi Ebrei.
Una "santa carneficina" di
23.000 morti e con massacri a fil di spada senza guardare in faccia a parenti o amici. Il popolo ebraico ne uscì decimato.

           LA SVOLTA DI DIO

Jahvé scrisse un secondo Decalogo perché obbligato e condizionato da quel sacro feticcio che «doveva camminare alla testa degli Ebrei». Dio si tramutò in ciò che desideravano gli Ebrei assumendo le sembianze
di un maxi-comandante e giurando di scacciare personalmente i popoli nemici, scrivendoli finanche con nome
e cognome
[Es 34,11 e 24]. Tutto questo non c’era nel primo Decalogo.

Il secondo Decalogo è la versione definitiva su cui si è fondato il patto scambievole tra Dio e Israele: Iddio
combatteva in prima persona e benediceva le battaglie degli Ebrei, mentre gli Ebrei offrivano la venerazione esclusiva al Dio geloso. Nell'Arca dell'Alleanza c'erano le Tavole intatte del secondo Decalogo che
accompagnavano le battaglie degli Ebrei. Era l’emblema della protezione divina sul popolo prediletto:
Dio è con noi perché «il Signore combatteva per Israele»
[Giosuè 10,14 - Nuova Bibbia CEI, 2008].

           PERCHÉ DUE DECALOGHI
?

Il cambio di rotta tra il primo e il secondo Decalogo dimostra la rapida conversione di Jahvé in un comandante divino che in seguito sarà chiamato "Dio degli eserciti".

Dio a immagine e somiglianza del toro d'oro


Quel toro, benché demolito, ha influenzato e plagiato il nuovo Decalogo dettato da Dio [Es 34,27].
Era ciò che
volevano gli Ebrei. Quel sacro toro fu chiamato "vitello" in senso spregiativo perché la storia biblica è stata scritta dai suoi vincitori, apportando modifiche già alla fonte.
Ma adesso c'interessa dimostrare che quel simbolo non fu inventato a caso.
In particolar modo, mostrare che Jahvè diventò Lui il toro degli Ebrei e che senza il culto del toro d'oro ci sarebbe stato un altro Dio biblico!


          Chiedete a un sacerdote cos’è il secondo Decalogo. Scoprirete che egli non sa quel che predica.

 
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     Redazione E&P

          
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